Hai mai incontrato qualcuno che voleva incasellarti a tutti i costi in un’etichetta?

Diario di bordo, giorno settordici:

Da poco ho potuto confrontarmi con un collega diciamo “specializzato” in un lavoro, che in realtà è nuovo per entrambi.

Mentre cerchiamo di conoscerci meglio, arriviamo al punto in cui mi pone una domanda:

“Ma tu non provi un po’ d’invidia per S.?”

S. è la persona che la sera spesso cucina per noi. Fa quel lavoro tutto il giorno, tutti i giorni e guai se provi a darle una mano.
Alla giovinissima età di 96…mila anni circa, anno più, anno meno.

Mi prendo del tempo per pensare intanto che mi sciorina le mille doti di chi – come S. e i ricercatori scientifici, che cita come esempio (in realtà ce ne sono di Multipotenziali anche in quel campo) – ha per tutta la vita una sola “vocazione” che lo porta a spaccare il capello in quella direzione, facendolo specializzare sempre di più.

Teoria degli insiemi Multipotenziali

Maturato il pensiero, gli dico che dopo anni ho raggiunto una consapevolezza tale che mi ha permesso di uscire dalle convenzioni sociali. Quelle che ti vogliono mettere per forza dentro un insieme, appiccicandoti un’etichetta – manco fossi un pacco Amazon – per riconoscerti meglio.

Mentre cerco di spiegare il mio punto di vista, lui prende carta e penna e comincia a mettere per iscritto le mie competenze, cercando di rinchiudermi in un cerchio per potermi appiccicare il tanto ambito “Job title”.

In fondo, la teoria degli insiemi recita: “L’insieme B è contenuto o incluso nell’insieme A se e solo se, per ogni elemento x, se x appartiene a B allora x appartiene ad A”.
È un bisogno di riconoscibilità con i propri simili. Un bisogno di “inclusione”.

Qual è il punto? Cosa mi infastidisce?

Sono vasto. Contengo moltitudini [Walt Whitman.]

Lo diceva anche Walt Whitman: siamo vasti e conteniamo moltitudini. Perché tutto questo bisogno di incasellarci? Perché tenerci in delle cellette come dei polli da batteria?

Io sono fratello, sono compagno, sono figlio, sono amico, ma anche inclusivo, appassionato, sconclusionato (tanto), distratto.

Sono appassionato di digital, ossessionato dalla musica, conoscitore di finanza, presidente di una no profit complessa (tanto).

E quindi dico e sottoscrivo che gli sforzi miei e vostri non meritano incasellamenti.

Mi contraddico? Certo che mi contraddico: sono vasto (direbbe sempre il buon Walt, tipografo, carpentiere, giornalista, poeta).

Non abbiamo bisogno di incasellamenti, ma sarebbe anche stupido dare l’ostracismo a chi, nelle proprie insicurezze, ha bisogno di definirti per capire se può vibrare con il tuo essere. La necessità di saper vibrare con tutti dovrebbe essere insegnata a scuola.

Anche perché, in fondo, rimaniamo tutti irrimediabilmente connessi. Multipotenziali o meno.

Test Multipotenziali

Chi fa parte dello zoccolo duro della community questo pensiero l’ha già maturato, ma ci tengo a ribadirlo: Attenzione ai test Multipotenziali.

Multi-potenziale, ma che parola è?

Potenziale: indica il momento che precede la piena e completa manifestazione o realizzazione, con la POTENZIALITA’ di diventare tale, ma che sa quasi di auto-celebrazione.

Non so voi, ma io di Multipotenziali che si auto-celebrano ne ho conosciuti davvero pochi.

Questa ambiguità, invece che guidare le persone verso la consapevolezza del proprio essere, le porta a cercare la propria identità in altre identità preconfezionate, saltando poi da un’etichetta a un’altra senza trovare la propria vera identità.

Se quando leggi “3 modi per avere una vita superfelicissima megagalatticissima” scappi, anche quando leggi “test Multipotenziale” dovresti correre via lontano. Non esistono regole per dirti chi sei.

TIP: Esci fuori, mangia un gelato e domandati se ti piace perché ti piace o perché i condizionamenti esterni ti portano a fartelo piacere.

Consapevolezza Multipotenziale

Queste conclusioni personali mi hanno portato a maturare l’idea che io verso S. non provo invidia, ma ammirazione, perché è una persona soddisfatta.

La consapevolezza Multipotenziale mi porta a rifiutare di avere una singola vocazione, ma rispetto chi ne ha una, perché sono moltitudine e questo sono io, questa è la mia identità.

Consapevole che una collaborazione può portare molti più risultati mantenendo una mente aperta da entrambi i lati.

Perché fare dell’ostracismo allora? Perché complicare la vita alle persone e non sforzarsi di capirsi a vicenda, almeno in parte?

Noi Multipotenziali facciamo una difficoltà immane a presentarci (e nei meeting dal vivo questa cosa è emersa ancora di più), ma ciò non significa che dobbiamo sottrarci da questa responsabilità.
L’importante è non identificarsi in quei “nomi”. Che tanto prima o poi ci stanno stretti.

Multipotenziali, c’è tutto un mondo fuori che merita di scoprirci, diamogliene la possibilità, magari con un po’ meno sindrome dell’impostore.